
Dipinti, affreschi e pitture varie
Non di tutti i personaggi del passato possediamo testimonianze o immagini che rappresentano il loro aspetto fisico. Nella maggior parte dei casi bisogna ricostruire attraverso le fonti tutti quei tasselli biografici che possano fornirci indicazioni in tal senso.
Per quanto riguarda l’aspetto fisico di Tommaso Moro possediamo i ritratti letterari dipinti da Erasmo da Rotterdam, soprattutto per tesserne gli elogi, e lo splendido dipinto ad olio di Hans Holbein del 1527 preparato da alcuni disegni.
Il ritratto dell’artista di Basilea rappresenta l’unica immagine visiva di Moro. Essa l’ebbe in commissione in Inghilterra da Moro stesso quando questi gli chiese di dipingere il suo ritratto e quello della sua famiglia.
Anche quando sembra che quel debito possa essere mascherato da incisori o pittori successivi che lo abbiano imitato, quella immagine è sempre quella di Holbein, persino quando sembra che sia qualcosa di diverso. Tutti gli altri ritratti del Santo, anche quelli presenti in dipinti collettivi, non sono che copie del modello originale di Holbein.
Pertanto, se da un lato grazie ad Holbein l’icona fisica di More è stata resa immortale, non solo per lo studio e la riflessione, ma soprattutto per la preghiera e la devozione, dall’altro appare evidente che, non potendo fare un confronto con lo stesso soggetto in autori diversi, non ci rimane che accettare la visione di Moro così come l’ebbe l’artista. Perciò dire se quella figura rispecchi la sua reale natura o l’anima del pittore non è cosa facile.
Attraverso la ritrattistica del Santo che presentiamo in questa sezione cercheremo di capire non solo chi è il Moro di Holbein ma anche come l’unica immagine sia stata interpretata dall’arte pittorica europea.
«Di statura non è alto, ma neppure piccolo; è così proporzionato in tutta la persona che non vi si trova difetto. Ha carnagione chiara, e, nel volto, più luminosa che pallida: di un incarnato tutt’altro che acceso, ma come irradiato da un tenue rossore. I capelli sono biondi a riflessi scuri, o, se preferisci, scuri a riflessi biondi; la barba è piuttosto rada. Gli occhi, cosparsi qua e là da macchioline, indice di vivissimo ingegno, hanno quel colore grigio-azzurro che tanto piace agli Inglesi; noi preferiamo gli occhi neri, ma loro dicono che nessun altro sguardo è più limpido.
Il volto corrisponde al carattere: aperto alla simpatia e all’amicizia, e ad un sorriso lievemente motteggiatore; perché, a dire il vero, egli è più portato alla giocosità che ad un contegno grave e severo – sebbene non conceda mai assolutamente nulla alla volgarità od al sarcasmo.
Tiene la spalla destra un po’ più alta della sinistra, specie quando cammina: non per difetto congenito, ma per una di quelle abitudini che, come spesso accade, finiscono per diventare qualcosa di intrinseco; a parte questo non c’è nella sua persona niente che stoni, salvo forse le mani, che appaiono un po’ campagnole ma solo a paragone del resto.
Fin da piccolo non ha mai dato troppa importanza alla cura della persona, fino a tralasciare anche quei pochi accorgimenti che Orazio raccomanda per la bellezza maschile. Tuttavia, ancora adesso che ha da poco passato la quarantina non è difficile ravvisare in lui il bel ragazzo che era a non più di ventitré anni, quando io lo conobbi per la prima volta» (Lettera di Erasmo da Rotterdam ad Ulrich von Hutten).